AGCOM
3 min readJul 12, 2017

Agcom e Internet da infrastrutture di libertà a controllo dei diritti individuali, della qualità e della sicurezza.

È un esercizio interessante, per un’Autorità vocata alle “garanzie nelle comunicazioni”, osservare le tipologie di reazioni che la sua Relazione ha suscitato, fermo restando che nel complesso la copertura mediatica segnala un’attenzione positiva e ragguardevole, di cui siamo comunque grati al sistema informativo.

Gli echi della carta stampata e delle testate online, come quelli televisivi del giorno precedente, non soltanto sono attendibili, ma colgono efficacemente le novità nei dati relativi alle disuguaglianze digitali e ai ritardi rispetto all’Europa, le problematiche dei consumatori, il nuovo ruolo dei servizi pubblici della comunicazione, documentati sia nella relazione che nelle slides. Non mancano ovviamente riferimenti ai passaggi relativi alle fake news, spesso sottolineando la percezione di scarsa fiducia nei colossi del web verso la prospettiva di un’autoregolamentazione.

Le reazioni prevalenti in rete sembrano letteralmente un altro film, e non solo per ragioni di format e di brevitas. La semplificazione e lo slogan prevalgono sulla lettura di una relazione scritta e dunque, una volta tanto, facilmente verificabile. Siamo di fronte ad una prova non intenzionale di quanto la Relazione denuncia con riguardo alle forme crescenti di distorsione che poi danno luogo alle fake. Del resto, leggere un testo è faticoso, mentre esprimere un’opinione diventa ogni giorno più irresistibile.

È impossibile non prendere atto di quanto la drammatizzazione di un solo passaggio dell’intero discorso sulle fake news nella Relazione sia centrale negli interventi sui social, solo secondaria negli articoli dei quotidiani e nelle testate online e pressoché inesistente nei tg e nell’informazione televisiva. Un andamento di questo genere ha del resto più bisogno di granitiche certezze che di verifiche dei testi.

Ne consegue che persino l’epilogo del discorso (Fabula docet), che spinge energicamente nella direzione della Digital Literacy con la bella metafora di «tutti ricercatori di verità», e che pure disegna l’unica strada a disposizione delle Istituzioni e di una società democratica per dissolvere compiutamente i rischi della post verità, viene ovviamente rimossa. Altrettanto dimenticato è il passaggio che meritava certamente un’altra attenzione, in cui la Relazione auspica che l’autoregolamentazione “parta dal basso e consenta la partecipazione dei veri danneggiati dalle notizie false e virali o dalla diffamazione”. Senza trascurare la dimenticanza nella precisazione delle informazioni a cui la Relazione si riferisce, ovvero a notizie che “attraverso i meccanismi di socializzazione diventano virali e generano effetti che possono essere estremamente gravi a livello sociale” (denigrazione, plagio…).

Può aver distorto l’attenzione di “lettori” per definizione frettolosi la dichiarata perplessità che i colossi del web possano essere, «in assenza di un controllo esterno e terzo», disponibili a sacrificarsi per autocorreggere le fake news. Ebbene è proprio questo il passaggio in cui si consuma una vera e propria fake, perché il testo si schiera di fatto contro il Ministero della Verità, sollecitando strutture definite come esterne e terze, non riconducibili dunque a dimensioni istituzionali o legislative.

A meno che non vogliamo schierarci con quanti pensano che la salvezza provenga dall’improbabile misericordia dei big players, l’orientamento della Relazione è in linea con i nostri compiti. È venuto il momento di intervenire nel dibattito post-relazione: persino l’intervento di un’Autorità può essere bruscamente distorto, anche se il beneficio di un testo scritto restituisce inequivocabilmente la nostra posizione.

Lavoreremo sempre di più per un mondo in cui non ci sia bisogno di doversi proteggere con un testo scritto per esprimere un’opinione argomentata.

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